“Tra memoria e futuro in tempo di pandemia” è il tema 2021 del tradizionale incontro del vescovo di Lodi mons.Maurizio Malvestiti con le componenti istituzionali, politiche, economiche e sociali del territorio.
Ecco un estratto dell’intervento, in questa occasione, di Francesco Chiodaroli, direttore generale della Fondazione Stefano ed Angela Danelli Onlus, presidente della commissione disabilità di Uneba Lombardia. L’articolo è originariamente apparso sul sito di UNEBA.
Mai come oggi possiamo dire che non ci potrà essere un futuro senza una memoria, memoria di emozioni, sentimenti, riflessioni, valori, spirito di comunità che questa pandemia ci consegna e che non dobbiamo disperdere, per dare un senso a quanto stiamo vivendo.
Nel programma questa breve riflessione prende il nome di ‘futuro e fragilità’, proprio perché è delle persone fragili che gli associati Uneba si occupano.
Fragilità è una parola importante, perché è legata all’esercizio della nostra umanità, umanità che si caratterizza, rispetto alle altre specie animali, proprio nel praticare la solidarietà e nel prendersi cura dei propri fratelli, figli di un unico Padre.
Ecco questa pandemia ci fa memoria che nonostante tutti i nostri progressi, tutte le nostre tecnologie, siamo e rimaniamo persone fragili. Fragili nasciamo, perché da bambini non siamo autonomi, e fragili , se avremo il dono della salute, ridiventeremo da anziani. Fragili si può anche rimanere tutta la vita per delle disabilità congenite o acquisite, e fragili si può essere per condizioni diverse dal non essere sani, ma per esempio per condizioni di estrema povertà
In questa pandemia ci siamo tutti ricordati di questa condizione, tutti abbiamo avuto conoscenti, parenti, amici, famigliari che hanno vissuto il calvario della malattia, tutti abbiamo perso le nostre autonomie, le nostre sicurezze, le nostre libertà. Tutti siamo diventati dipendenti gli uni dagli altri, perché nessuno si salva da solo.
E in questa dipendenza abbiamo intravisto il vero valore della comunità, della solidarietà, di quel prendersi cura che ha radici profonde nella nostra terra, una terra fertile per i prodotti agricoli, ma anche per ‘quella socialità solidale radicata nel Vangelo’, come l’ha definita il nostro Vescovo.
I nostri Santi d’altronde sono San Bassiano, difensore dei poveri, Madre Cabrini , patrona dei migranti e Don Gnocchi , padre dei bambini mutilati dagli orrori della guerra.
Tutti abbiamo percepito lo stesso futuro fragile , perché legato a mutamenti climatici ed ad un ambiente malato per lo sfruttamento, dove le pandemie potrebbero tornare ad avere una frequenza non controllata.
Ecco allora una importante indicazione che lega il futuro alla memoria: teniamo viva l’esperienza della fragilità. Frequentiamo le persone fragili e impariamo da loro il valore dei legami, della solidarietà, della dipendenza gli uni dagli altri.
Ricordiamoci che il prendersi cura delle persone fragili non è un compito delle istituzioni e degli enti socio sanitari e sociali, ma della comunità tutta, che diventerà più ricca, più umana.
I nostri Enti nulla possono, infatti, senza il convinto sostegno delle comunità delle quali sono espressione e questo senza divisioni partitiche, o tra maggioranze e minoranze, perché la comunità è una e le persone fragili sono di volta in volta i nostri genitori e i nostri figli, i nostri mariti e le nostre mogli.