Come riconoscere e affrontare il Morbo di Parkinson

8 Feb, 2021 | Notizie

Il Morbo di Parkinson, tra le malattie neurodegenerative, è quella più diffusa dopo l’Alzheimer. Riconoscere e affrontare il Morbo di Parkinson non è sempre facile e, come per tutte le malattie che coinvolgono il sistema nervoso centrale, nemmeno affrontarla. Ma andiamo con ordine e cerchiamo prima di comprenderne l’origine e le caratteristiche

 

Cos’è il Morbo di Parkinson e quali sono i sintomi più diffusi

Prima di tutti occorre dire che secondo fonti autorevoli, come la prestigiosa rivista Journal of Parkinson’s Disease, il numero dei casi nel mondo è in aumento. Si stima infatti che, intorno al 2040, le persone affette da questa malattia potrebbero raddoppiare, superando abbondantemente i 10.000.000.

La Malattia di Parkinson nasce dalla progressiva degenerazione di un particolare gruppo di cellule cerebrali, in particolare quelle dei circuiti neuronali deputati alla produzione di una sostanza chiamata dopamina. Questa sostanza è responsabile di molte funzioni fra cui il controllo del movimento, dell’umore, il ritmo del sonno, il comportamento e anche di alcune funzioni del pensiero.

Si presenta, nella fase conclamata, come una sindrome extrapiramidale che si caratterizza con rigidità muscolare (soprattutto come resistenza ai movimenti passivi), tremore a risposo e una certa difficoltà e lentezza che caratterizzano, soprattutto, le fasi iniziali e finali dei movimenti. Altri sintomi si possono a volte apprezzare nella difficoltà di parlare e/o nella depressione. I sintomi motori possono poi dare origine ad una andatura impacciata, ad un disturbo dell’equilibrio e, anche, ad una postura ricurva. Infine, va notato che spesso i sintomi si presentano come asimmetrici, colpendo prevalentemente una parte del corpo piuttosto che l’altra.

Quali sono le cause del Morbo di Parkinson?

Ad oggi non esiste una chiara comprensione delle cause che conducono a sviluppare la malattia di Parkinson. Gli studiosi sono però d’accordo nel ritenere che vi siano più cause che possono agire contemporaneamente, sia di tipo ambientale che genetico.

Per quanto riguarda i fattori genetici, una storia famigliare della malattia sembra ne aumenti la probabilità di insorgenza di circa il 10%. Rispetto ai fattori ambientali, questi possono aumentare il rischio di insorgenza. Tra di essi ci sono l’esposizione a tossine come:

  • Pesticidi;
  • Metalli pesanti;
  • Prodotti chimici industriali;
  • ma anche il fumo e la dieta

Anche la residenza e il lavoro, quando coincidono con ambienti e attività agricole, possono avere una certa probabilità e possibilità causale.

 

Esordio e campanelli d’allarme del Morbo di Parkinson

Questa malattia non si presenta sempre in modo conclamato con le difficoltà motorie e i tremori. Esistono delle forme ad esordio cosiddetto ‘subdolo’, ‘insidioso’, che sono anticipate da alcuni campanelli d’allarme che possono manifestarsi anche molto prima della diagnosi definitiva.

La lista dei possibili segni o sintomi precoci di insorgenza del Morbo di Parkinson vi è, ad esempio, la perdita di espressività. I muscoli del volto, infatti, si irrigidiscono e l’espressione facciale appare povera o stereotipata. Anche il cambiamento della voce odifficoltà di articolazione del linguaggio possono essere considerati sintomi della carenza di dopamina.

Le modifiche di gusto e olfatto sono in genere sottovalutate, ma rientrano anch’esse nella costellazione dei segnali precoci della malattia. Infine, anche problemi intestinali come la stitichezza, o quelli di una poco comprensibile pressione bassa potrebbero essere indici della Malattia di Parkinson.

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Diagnosi e trattamento

Diagnosticare il Morbo di Parkinson, purtroppo, ancora oggi è un processo clinico. Non esiste infatti un test univoco, ma la diagnosi viene fatta analizzando i sintomi e la storia clinica e di vita del paziente.

Lo stesso vale per la terapia: il trattamento non agisce sulle cause della Malattia, ma si concentra sul controllo e il miglioramento dei sintomi. I farmaci in campo sono sostanzialmente la levo-dopa (una sostanza che viene trasformata a livello celebrale in dopamina), quelli in grado di stimolare i recettori cerebrali della dopamina stessa e, infine, gli inibitori MAO-B e gli inibitori COMT in grado di rallentare la degradazione della dopamina stessa.

Un grande ruolo rivestono la fisioterapia e la stimolazione motoria e cognitiva. Soprattutto la fisioterapia, se programmata a cicli regolari, è in grado di assicurare effetti positivi sulla mobilità e sull’umore, mantenendo il possibile i livelli di autonomia del paziente.

Un buon programma di fisioterapia dovrà contenere esercizi mirati a contrastare la rigidità muscolare, a mantenere buoni livelli di equilibrio e fornire consigli sulla gestione della vita quotidiana. Attività come l’allungamento muscolare, gli esercizi respiratori, la correzione postare, la mobilizzazione passiva, ecc., possono contrastare la rigidità. Mentre una serie appropriata di stimoli visivi, acustici e tecniche di verbalizzazione possono ridurre la bradicinesia o, comunque, fornire tecniche di controllo, ad esempio del freezing. Nulla di tutto questo deve però essere generalizzato perché i programmi sono altamente personalizzati in funzione del quadro clinico e della storia del paziente.

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