L’invecchiamento progressivo della popolazione ci pone sempre più spesso di fronte al tema della demenza – nelle sue varie forme, dalla Malattia di Alzheimer a quella vascolare – e della depressione, condizioni spesso molto intrecciate fra loro.
Ronchetto e Ronchetto, in uno studio pubblicato sul Journal of Gerontology e Geriatrics, hanno approfondito il tema visto che entrambe queste patologie hanno importanti ripercussioni fisiche, sulla qualità della vita e sulla mortalità degli anziani.
Diversi studi sembrano indicare che la depressione accompagni i diversi stadi della demenza, ma anche la depressione possa rappresentare un fattore un fattore di rischio per lo sviluppo successivo di una forma di demenza o, addirittura, una forma che la anticipa. Sebbene la natura della relazione tra i due disturbi mentali non sia chiara e i risultati della ricerca siano eterogenei, molti studiosi sottolineano che attualmente la depressione è sotto diagnosticata e trattata dai clinici e ipotizzano che una diagnosi, un monitoraggio e un trattamento appropriati (utilizzando antidepressivi e/o altri regimi farmacologici/non farmacologici) potrebbero essere di beneficio per gli anziani, indipendentemente dalla gravità del declino cognitivo o anche in soggetti con adeguate capacità cognitive
Le conclusioni dello studio
I due studiosi – dopo un’analisi che ha coinvolto gli aspetti epidemiologici, fisiopatologici e clinici – concludono che, anche se la natura dell’associazione tra depressione e demenza non è chiara e il collegamento è complesso da interpretare, vi sono prove che il trattamento antidepressivo (farmacologico, comportamentale o altri regimi) è un approccio razionale nei soggetti anziani con diagnosi di depressione e diversa gradi di gravità del declino cognitivo.
Di particolare rilevanza sembra essere l’ipotesi per cui la depressione nell’anziano viene riconosciuta come un importante fattore di rischio per la successiva demenza o sintomo prodromico della demenza.
Sembra inoltre plausibile che la terapia antidepressiva, a causa dei suoi effetti neuroprotettivi, possa ritardare o mitigare il declino cognitivo. Tuttavia, ad oggi la discussione tra gli studiosi è aperta con studi che portano a risultati e conclusioni eterogenee.